Dopo la tradizionale pausa per la Pasqua, la Formula 1 riparte in modo inedito dal GP Giappone. Per la prima volta nella storia il GP disputerà ad aprile, a Suzuka si è sempre corso tra fine settembre e novembre.
Suzuka è uno degli ultimi circuiti “classici” in calendario, l’unico caratterizzato da una configurazione a otto, e mette alla prova il talento di ogni pilota e le proprietà telaistiche delle monoposto. Conta 18 curve, alcune delle quali, come la Spoon, la 130R e la combinazione in salita tra le curve 2 e 7 conosciuto anche come lo “Snake di Suzuka“, sono tra le più famose del calendario di Formula 1.
Trovare il giusto assetto è fondamentale perchè il tracciato mette a dura prova gli pneumatici sia in termini di usura, a causa degli elevati livelli di ruvidità e abrasività dell’asfalto, sia attraverso le forze e i carichi a cui sono sottoposti nel corso della varietà di curve che compongono il giro. E’ invece scarsamente impegnativo per i freni. In una scala da 1 a 5 si è meritato un indice di difficoltà di 1 nonostante la presenza di 10 frenate al giro, in cui però la decelerazione è inferiore a 60 km/h e la frenata dura meno di un secondo. Sono soltanto 2 le frenate della categoria High.
Qui le scuderie devono trovare il giusto compromesso tra altezza da terra e downforce, un po’ come accade a Spa a causa dei sali scendi e di un asfalto non sempre perfettamente regolare. Il carico che si perde alzando la monoposto da terra va trovato con le ali che saranno quindi più cariche rispetto ai precedenti appuntamenti.
Puntuali come sempre le immagini dei reporter dal circuito, tra questi il bravissimo Albert Fabrega in grado di individuare particolari che svelano punti di forza e debolezza delle varie monoposto.
La prima analisi è sempre dedicata al confronto delle ali posteriori. Stranamente “scarica” l’ala della Red Bull. Solitamente la scuderia campione del mondo è tra quelle a scegliere assetti più carichi sul posteriore potendo comunque contare su una grande efficienza aerodinamica. Sappiamo però che la RB20 riesce a trovare molto carico dal fondo ed è la monoposto meno soggetta a compromessi quando si parla di altezza da terra.
Anche la Ferrari è tra le monoposto più scariche sul posteriore, ma quest’anno a Maranello lavorano molto con il carico prodotto dalla beam wing, che qui torna a doppio profilo.
L’Aston Martin porta in Giappone un importante aggiornamento aerodinamico con sidepod più snelli nella parte frontale e un’altra rampa di discesa per i flussi che passano sopra la vettura. Possiamo notare modifiche anche al “marciapiede” del fondo, privo di uno dei tanti generatori di vortici che sigillano i flussi, probabilmente frutto di quel compromesso che non consente alle vetture di viaggiare troppo basse da terra qui a Suzuka.
Altro particolare del bordo del fondo sulla AMR23, ulteriore rinforzo al flusso nel canale principale sotto le pance.
Prime immagini anche delle novità introdotte dalla Red Bull. Si nota un secondo inlet di forma circolare, subito sotto l’halo. È difficile capire quanto indietro vada il condotto, ma non sembra avere una geometria di bypass come quella scelta dalla Ferrari sulla SF-24 per cercare di condizionare il flusso in quest’area. Considerando che sono state anche chiuse le feritoie sul cofano motore è più probabile che questo inlet abbia funzione primaria di smaltimento del calore.
Altre novità annunciate sulla RB20 riguardano un nuovo fondo a completamento di un “pacchetto” su cui piloti e tecnici hanno espresso un certo entusiasmo.
Nessuna novità di rilievo sulla Mercedes W15. Il comportamento troppo altalenante della monoposto in termini di prestazioni richiede la raccolta di maggiori dati prima di intervenire con gli aggiornamenti.
Articolo in aggiornamento…
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